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31 dicembre 2020

Avv. F. Scalvini | Non si arresta la crescita del Terzo settore

di
Avv. Felice Scalvini
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In attesa che l’entrata a regime del RUNTS permetta di avere a disposizione dati univoci, certi e analitici circa la consistenza dell’universo Terzo Settore del nostro paese, l’ISTAT prosegue nel rilascio periodico dei dati ricavati dal “censimento permanente delle istituzioni non profit (INP)” che ha meritoriamente attivato da alcuni anni.

Ciò che appare in tutta evidenza anche dagli ultimi dati riferiti al 2019 è che l’impressionante e lunga marcia del Terzo settore sta continuando, conseguendo, anno dopo anno, sempre nuovi traguardi.

Bastano pochi dati. Nel 2001 erano 235.000 le INP censite; nel 2011 erano salite a 301.000 per arrivare a  a 362 nel 2019, con un incremento dell’1% anche nel corso dell’ultimo anno. Ma è il numero degli occupati ad apparire ancor più rilevante. Dai 488.000 del 2001 si è passati ai 680.000 del 2011 per arivare agli 862.000 del 2019 con un incremento di 8.000 soltanto nell’ultimo anno. Si tratta di numeri quanto mai significativi, soprattutto se comparati ai dati riguardanti il sistema complessivo delle imprese. Il non profit, che nel 2001 rappresentava il 5,8 % delle imprese e il 4,8% degli addetti, è ora salito rispettivamente oltre l’8 e il 7 per cento. Una escalation che ha attraversato un quadro generale dell’economia segnato dal boom dei primi anni 2000, dalla crisi successiva al 2008con i conseguenti anni di modestissimo sviluppo, e, da ultimo, la crisi pandemica, senza mai presentare significative flessioni. Una dinamica che tutto fa presagire possa continuare nei prossimi anni, grazie anche alla spinta che giungerà dalla entrata a regime del Codice del Terzo settore e dalla parallela attuazione del PNRR

Quali le ragioni di questo fenomeno? Credo siano principalmente tre.
Innanzitutto le organizzazioni del non profit operano in settori che hanno visto in questi anni un significativo sviluppo. I servizi sociali, la cultura, l’ambiente, la gestione di strutture sociosanitarie, e nel complesso pressoché tutti gli ambiti di attività elencati all’art. 5 del Codice, hanno visto e presumibilmente continueranno a vedere un importante proliferare di iniziative e attività. Sono gli spazi economici e operativi legati all’emersione di nuovi bisogni esistenziali e sociali. Bisogni che, con molta probabilità, l’evoluzione demografica, culturale e degli stili di vita continuerà ad alimentare, mantenendo alta la possibilità di espansione della domanda di servizi


A fronte di questa evoluzione il mondo del Terzo settore è stato protagonista dello sviluppo di un’offerta innovativa di proposte, servizi, prestazioni che hanno aiutato i bisogni a trasformarsi in domanda sociale ed economica, producendo la nascita di nuovi mercati e quindi lo spazio per sempre più imprese. Imprese però caratterizzate da un nuovo e diverso approccio: per l’appunto “imprese sociali”, anche se ancora, in molti casi, non legalmente costituite in tale forma. La straordinaria success story imprenditoriale della cooperazione sociale ne costituisce la vicenda emblematica.


Il terzo elemento è rappresentato dalla specificità sociale, organizzativa ed economica collegata a questa effervescenza. Il Terzo settore ha creato organizzazioni in grado di integrare risorse che altrimenti rimarrebbero inutilizzate. E, integrandole, le ha rese fattore di sviluppo sociale ed economico, soprattutto per quanto concerne la creazione di nuove opportunità di lavoro. Il volontariato, a dispetto di ricorrenti e disinformate affermazioni polemiche, circa la sottrazione di posti di lavoro che determinerebbe, ha rappresentato una straordinaria leva per la creazione di nuovi posti di lavoro nel Terzo settore, apportando gratuitamente le risorse per migliaia di start up sociali, che poi, col tempo, si sono consolidate procedendo all’assunzione di collaboratori stipendiati. Allo stesso modo, il fundraising, la partecipazione dei beneficiari, l’avviamento al lavoro di persone svantaggiate (le pietre scartate dai costruttori di aziende normali) hanno rappresentato e continuano a rappresentare risorse inconsuete per le imprese che, tuttavia, il non profit ha saputo integrare entro una formula produttiva sempre più solida e diffusa.
Per tutti questi motivi, i dati ISTAT non rappresentano una sorpresa, né lo saranno i dati futuri quando continueranno, anche nei prossimi anni, a presentare il segno più.
 


Felice Scalvini