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05 dicembre 2024 in Stabilità

C. De Luca | VOLONTARIATO E ALLEANZE: ORIZZONTI PER UN FUTURO CONDIVISO

di
Cristina De Luca
Ragazzi volontari con sacchetti rifiuti in mano
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In occasione del 5 dicembre, Giornata Nazionale del Volontariato, pubblichiamo l’articolo di Cristina De Luca, Presidente del Centro di Servizio per il Volontariato Lazio, che offre spunti di riflessione e dibattito sullo stato e sull’evoluzione di una scelta che impegna molti cittadini, pur con modalità e forme molto diverse fra loro, sul tema del Volontariato.

Il volontariato è uno dei pilastri fondamentali della nostra società, un elemento capace di tessere legami, rispondere a bisogni concreti e generare cambiamenti. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da trasformazioni rapide e sfide globali, il suo ruolo si presenta sotto una nuova luce: non più soltanto come espressione spontanea di solidarietà, ma come motore di una nuova visione di welfare e collaborazione sociale. In questa prospettiva, tre temi si intrecciano oggi: il coinvolgimento delle nuove generazioni, il ruolo della coprogettazione e della coprogrammazione, e l’urgenza di costruire alleanze solide tra mondo profit e non profit.

 

Volontariato: un’alleanza generazionale per il futuro

 

Parlare oggi di volontariato significa affrontare il tema del ricambio generazionale e quello delle nuove forme di volontariato: da quello episodico, al cosiddetto volontariato di competenza, che caratterizzano questo tempo e che costruiscono l’oggetto di molte riflessioni per cercare di capire come intercettare queste persone e come veicolare all’interno delle realtà associative tali disponibilità. Il volontariato giovanile vive oggi una fase di profonda trasformazione. Se da un lato le organizzazioni tradizionali registrano un calo nell’adesione dei ragazzi, dall’altro emergono nuove forme di impegno, spesso episodiche e spontanee. I giovani non si sottraggono all’idea di solidarietà, ma la declinano in modi diversi, attratti da temi innovativi e specifici come la sostenibilità ambientale, i diritti umani e la giustizia sociale.

Questa generazione, cresciuta in un mondo interconnesso e accelerato, tende a privilegiare esperienze concrete che permettano di sentirsi protagonisti. Più che il senso di appartenenza a un’associazione, a guidarli è l’urgenza dell’azione, la voglia di sperimentare e di acquisire competenze che possano arricchire il proprio percorso personale e professionale. Il volontariato, infatti, rappresenta un contesto ideale per lo sviluppo delle cosiddette soft skills, oggi riconosciute come fondamentali anche in ambito professionale: la capacità di lavorare in team, il problem solving, la gestione del tempo e la leadership. Un esempio significativo di attivazione delle energie e delle sinergie del volontariato è rappresentato dal lavoro di Trento, capitale europea e italiana del volontariato, nel ‘24 per promuovere una cultura dell’impegno, incentivare la partecipazione civica e valorizzare la collaborazione tra associazioni, enti locali e cittadini. Trento, con il suo ruolo centrale, ha saputo stimolare nuove progettualità, dimostrando come il volontariato possa fungere da motore per la coesione sociale e lo sviluppo territoriale.

Per le associazioni, però, il rapporto con i giovani rappresenta una sfida, ma anche una straordinaria opportunità. Le organizzazioni devono aprirsi a queste nuove forme di volontariato, abbandonando rigidità strutturali e adottando linguaggi, strumenti e modalità che rispecchino il modo di vivere e agire delle nuove generazioni. L’alleanza generazionale diventa quindi fondamentale: per costruire ponti con i ragazzi, è necessario considerarli non come semplici esecutori, ma come co-creatori di idee e progetti. Solo così le associazioni possono valorizzare le energie, le competenze e la creatività che i giovani portano con sé.

Un’apertura autentica verso le nuove generazioni significa anche accettare la discontinuità del loro impegno, spesso episodico ma non per questo meno significativo. Piuttosto che ancorarsi al modello tradizionale del volontariato stabile e continuativo, le associazioni possono trarre forza dalla flessibilità e dalla capacità di adattamento che caratterizzano i giovani di oggi. Creare spazi di confronto e co-creazione, stringere alleanze con scuole, università e piattaforme digitali, permette di ampliare l’impatto del volontariato, facendo sì che diventi un’esperienza inclusiva e arricchente per tutte le parti coinvolte.

C’è infine un tema che riguarda l'aspetto culturale della nostra società e di conseguenza dell’impegno volontario, ovvero la necessità di tornare a dare linfa a quegli elementi fondanti che costituiscono l'azione volontaria, a fare cultura attraverso il volontariato. Fare cultura significa affrontare i grandi temi e problemi del nostro tempo – come le disuguaglianze, il cambiamento climatico, la giustizia sociale – con un approccio capace di generare consapevolezza collettiva.

Oggi bisogna ritrovare quella capacità e quella forza del volontariato di contribuire non solo a dare risposte immediate, ma anche a creare nuove mentalità, capaci di promuovere solidarietà, sostenibilità e partecipazione attiva come strumenti per superare le sfide del presente.

 

Coprogettazione e coprogrammazione: una visione condivisa per il welfare

 

La coprogettazione e la coprogrammazione, sancite dalla riforma del Terzo Settore, ampliano il concetto di sussidiarietà sancito dalla Costituzione, riconoscendo di fatto, attraverso una legge dello Stato, il valore del ruolo della comunità in cui i diversi attori concorrono nel costruire percorsi per favorire crescita e sviluppo ed eliminare disuguaglianze; un passaggio cruciale per ridisegnare il rapporto tra pubblica amministrazione e organizzazioni di volontariato.

Non si tratta più solo di affidare servizi o erogare contributi, ma di costruire insieme risposte innovative ai bisogni delle comunità, promuovendo un’interazione basata su parità e valorizzazione reciproca.

La coprogrammazione invita le parti a condividere l’analisi dei bisogni e a elaborare soluzioni strategiche in modo partecipato. La coprogettazione, invece, mira a concretizzare queste soluzioni in interventi che rispecchino le competenze e le risorse specifiche di ciascun attore. Questo modello non è solo uno strumento tecnico, ma rappresenta un cambio culturale, di mentalità nella relazione tra pubblico e privato, trovare nuovi stili e nuove metodologie di collaborazione ed evitare il rischio di ritenere questa pratica semplicemente una tecnicalità diversa.

Sono, allora, necessarie alcune condizioni imprescindibili: anzitutto, è fondamentale investire nella formazione di amministratori pubblici e responsabili delle organizzazioni di volontariato, superando diffidenze e resistenze culturali che ancora permangono. Occorre inoltre favorire la replicabilità delle buone pratiche già esistenti, mettendo in rete esperienze virtuose e trasformandole in modelli capaci di adattarsi alle diverse realtà territoriali.

Ma coprogettare significa soprattutto rimettere al centro le comunità. Ogni processo deve partire dall’ascolto attivo di chi vive il territorio, includendo le molteplici voci che lo compongono. Solo così sarà possibile costruire un welfare generativo, che non si limiti a fornire risposte emergenziali ma promuova una vera rigenerazione sociale, attivando risorse diffuse e restituendo dignità al ruolo dei cittadini come protagonisti del cambiamento.

 

Mondo profit e non profit: una sinergia necessaria

 

Il rapporto tra imprese e organizzazioni di volontariato, un tempo percepito come antitetico, oggi si rivela sempre più un terreno fertile per la collaborazione. Questo cambiamento dovuto sicuramente a diversi fattori tra cui una maggiore consapevolezza di dover superare degli steccati da parte dei due mondi profit e no profit ha trovato nei criteri ESG (Environmental, Social, Governance), che ridisegnano il modo in cui le imprese pianificano le proprie attività, un terreno di confronto comune.

L’ESG, infatti, non è solo un indicatore di sostenibilità, ma un approccio strategico che consente alle aziende di integrare obiettivi ambientali, sociali e di governance nella propria missione, ha certamente favorito la crescita di una cultura di solidarietà nel mondo profit più vicina all’associazionismo.

Le collaborazioni tra profit e non profit possono assumere molteplici forme, dalla realizzazione di progetti comuni, alla formazione reciproca. Quest’ultima rappresenta una straordinaria occasione di scambio di saperi e competenze: il mondo profit può offrire al Terzo Settore strumenti gestionali e tecnologie innovative, mentre il non profit può condividere la propria esperienza sul campo e la capacità di leggere i bisogni delle comunità. Il dialogo formativo arricchisce entrambe le parti, rendendo più facile costruire percorsi comuni.

Attraverso progetti condivisi, e gli esempi oggi sono moltissimi, dalle iniziative legate alla transizione ecologica o all’inclusione lavorativa di categorie svantaggiate, al supporto attraverso l’utilizzo di competenze altamente specialistiche, le imprese e le organizzazioni di volontariato possono creare sinergie di grande impatto. La chiave per il successo di queste collaborazioni risiede nella capacità di valorizzare le specificità di ciascun attore, rispettando le diversità di approccio e mantenendo una relazione paritaria.

 

Un impegno comune per il futuro

 

Il volontariato, nella sua capacità di adattarsi ai cambiamenti e rispondere ai bisogni emergenti, ancora oggi rappresenta un laboratorio sociale unico e un patrimonio del nostro paese. I cambiamenti di questi anni, che hanno reso il mondo più vicino e più interdipendente, ma nello stesso più fragile, chiedono al volontariato di rinnovarsi. Non è solo una necessità, ma un’opportunità per costruire un futuro più equo e sostenibile.

Le nuove generazioni, con la loro energia e creatività, possono essere il cuore pulsante di questo cambiamento, se accolte e valorizzate in percorsi che ne rispettino le esigenze e le peculiarità. Coprogettazione e coprogrammazione, come strumenti di dialogo e azione condivisa, possono aiutare a ridefinire il modo in cui pensiamo al welfare, restituendo centralità alle comunità e promuovendo soluzioni innovative. Le alleanze tra profit e non profit, infine, possono amplificare l’impatto del volontariato, creando sinergie capaci di affrontare le grandi sfide del nostro tempo. In questo scenario, i Centri di Servizio per il Volontariato (CSV) svolgono un ruolo essenziale come agenti di sviluppo del territorio. Grazie alla loro capacità di essere snodi relazionali, i CSV connettono associazioni, enti locali e mondo profit, facilitando la costruzione di reti e la valorizzazione delle competenze di ogni attore coinvolto. Sono punti di riferimento indispensabili per promuovere innovazione sociale e coordinare risposte integrate ai bisogni delle comunità.

In un mondo sempre più complesso, lavorare in rete tra soggetti diversi non è solo auspicabile, ma necessario: ognuno può portare la propria parte di competenza, contribuendo alla costruzione di un tessuto sociale capace di rispondere alle sfide odierne. Guardare al futuro significa abbracciare questa complessità, riconoscendo che la forza del volontariato risiede nella capacità di unire persone, competenze e idee per un bene comune.