Conoscere le "nuove" imprese sociali: spunti da un recente volume
Conoscere le "nuove" imprese sociali: spunti da un recente volume
Le imprese sociali costituiscono l’anima imprenditoriale del Terzo Settore. Se è vero che, in generale, tutti gli enti del Terzo Settore possono svolgere attività d’impresa, l’impresa sociale è tuttavia quella tipologia di ente del Terzo Settore – tra le sette individuate dal legislatore della riforma – specificamente congegnata per la conduzione di attività commerciali nei settori di interesse generale o per finalità di inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Lo dimostra, a tacer d’altro, il fatto che le imprese sociali possono essere costituite anche in forma di società (per azioni, a responsabilità limitata, cooperativa), ciò che invece è precluso agli altri enti del Terzo Settore, che possono avere unicamente la forma di Associazione o di Fondazione.
Le imprese sociali costituiscono inoltre una componente numericamente significativa dell’attuale Terzo Settore. Infatti, dei circa 80.000 enti oggi iscritti al RUNTS, più di un quarto sono imprese sociali, la maggior parte delle quali cooperative sociali ai sensi della legge 381/1991.
Un dato molto significativo è che dal 20 luglio 2017, data di entrata in vigore del d.lgs. 112/2017, si è registrato un sostanzioso incremento del numero totale delle imprese sociali, a cui si è accompagnata una sensibile variazione della loro fisionomia interna, prima costituita quasi interamente (più precisamente per il 97%) da cooperative sociali. Delle circa 3.500 imprese sociali registratesi post riforma, il 75,3% sono cooperative sociali (e loro consorzi) ex l. 381/1991, il 16,9% s.r.l. ed altre società di capitali, il restante 7,8% cooperative non sociali, società di persone ed enti non societari (associazioni e fondazioni).
Le imprese sociali crescono nonostante la crisi pandemica, e a seguito della riforma del 2017 aumenta in maniera significativa – come si è già detto – la componente di imprese sociali diverse dalle cooperative sociali, nonostante la persistente inefficacia delle nuove norme fiscali di cui all’art. 18, d.lgs. 112/2017, per le quali si aspetta ancora l’autorizzazione europea.
La crescita delle imprese sociali, e la loro diversa suddivisione interna, sono dovuti a diversi fattori, in particolar modo all’impulso della nuova normativa.
Vi è stata innanzitutto una significativa innovazione di sistema. L’impresa sociale fa infatti oggi parte del “Terzo Settore”, di cui costituisce una particolare tipologia o sotto-categoria di ente. Ciò la rende destinataria, oltre che delle proprie norme particolari di cui al d.lgs. 112/2017, anche delle norme generali applicabili a tutti gli enti del Terzo Settore (al netto di specifiche esclusioni). La potenziale applicabilità alle imprese sociali delle norme generali del Codice del Terzo Settore produce ulteriori opportunità: si pensi, ad esempio, alla possibilità per le imprese sociali di beneficiare di titoli di solidarietà emessi ai sensi dell’art. 77, d.lgs. 117/2017, o di prestiti raccolti ai sensi dell’art. 78, d.lgs. 117/2017, oppure ancora di partecipare all’“amministrazione condivisa” di cui all’art. 55, d.lgs. 117/2017.
Più in particolare, il “rilancio” dell’impresa sociale è da imputarsi a scelte legislative felici, quale quella di ampliare i campi di attività dell’impresa sociale, di consentire la distribuzione di utili ai soci entro certi limiti, di rendere evidente e manifesto che in un’impresa sociale possono partecipare anche enti pubblici e privati for profit ancorché non in una posizione di controllo.
Queste innovazioni legislative hanno moltiplicato gli usi dell’impresa sociale.
L’impresa sociale è stata in qualche caso utilizzata dalle pubbliche amministrazioni per realizzare forme innovative di welfare in partnership con enti del Terzo Settore. Si sono create società miste pubblico-privato con la qualifica di “impresa sociale”, cui si è contemporaneamente affidata la gestione di servizi sociali. L’esempio più noto è il Consorzio Girasole di Lecco, costituito nel marzo del 2019 come impresa sociale, da ventisette comuni dell’ambito distrettuale di Lecco e da alcuni enti privati selezionati sulla base di un’apposita gara “a doppio oggetto”, finalizzata cioè sia alla selezione del socio privato della costituenda società mista impresa sociale sia al successivo affidamento a quest’ultima dei servizi sociali dell’ambito.
L’impresa sociale è poi impiegata da enti privati senza scopo di lucro o mutualistici, formalmente estranei al Terzo Settore, per realizzare in forma stabile ed organizzata le proprie finalità sociali, esclusive o concorrenti con le altre finalità dai medesimi perseguite. In sostanza, l’ipotesi è quella di un ente privato che costituisce un’impresa sociale al fine di realizzare i propri obiettivi di interesse generale con modalità diverse da quelle consuete.
L’impresa sociale è stata inoltre utilizzata quale “braccio operativo imprenditoriale” di enti del Terzo Settore a carattere principalmente gratuito-erogativo (come gli enti filantropici) oppure come ente strumentale interamente controllato da cooperative sociali.
Le notevoli potenzialità che l’impresa sociale ha dopo la riforma del 2017 non potranno però essere pienamente colte fintanto che rimarrà inefficace l’articolo 18 d.lgs. 112/2017 e le misure fiscali ivi contenute. L’auspicio è dunque che il Governo provveda celermente a formulare la richiesta di nulla-osta alla Commissione europea (che quest’ultima non dovrebbe fare fatica a rilasciare) affinché l’impresa sociale possa cominciare davvero ad esprimere tutto il suo potenziale a vantaggio di cittadini, comunità, altri enti del Terzo Settore nonché enti pubblici e privati interessati ad occuparsi del sociale con modalità innovative.
Alla “nuove” imprese sociali è stato recentemente dedicato un volume curato da Terzjus e la cui pubblicazione è stata promossa da Cattolica Assicurazioni. Il volume è liberamente scaricabile cliccando qui