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31 dicembre 2020

Magnifico Rettore V. Buonomo | Diritti Umani, Pace e Terzo settore

di
Magnifico Rettore Vincenzo Buonomo
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Spiegare la pace non è così semplice. In modo immediato e intuitivo essa è intesa come il contrario della guerra o più in generale del conflitto che può riguardare ogni ambito del vivere sociale: rapporto interpersonale, identità contrapposte, eserciti e combattenti schierati. Ma la pace è molto di più.

Può essere certamente una dimensione della politica di un Paese o restare solo un obiettivo della vita in comune tra gli Stati, magari degli «Stati amanti della pace» (come recita la Carta delle Nazioni Unite), con un significato teorico e un approccio pratico. La definizione diventa più articolata quando si fa riferimento alla possibilità di costruire la pace. Quest’ultima, infatti, è costituita da molteplici elementi, spesso tra loro inizialmente inconciliabili, ma che poi riescono a unirsi come effetto di azioni comuni tra i protagonisti della vita di relazione. Sono molteplici gli elementi che concorrono a determinare condizioni di pace. Sicurezza, disarmo, primato delle regole, sviluppo, diritti umani, migrazioni, salute, educazione sono soltanto alcuni tra i tanti fattori concorrenti a costruire la pace, come dimostra l’attenzione a livello internazionale e nazionale per questi obiettivi.

Questa premessa contribuisce, dunque, a superare il tradizionale approccio legato al binomio pace-guerra. Lo evidenzia anche l’azione delle diverse Istituzioni intergovernative che, di fronte alle nuove sfide, coniuga le aspirazioni alla pace al desiderio di promozione dei tanti fattori concorrenti. L’approccio utilizzato è, quindi, trasversale cross-cutting e considera la pace non come la situazione alternativa al conflitto, ma come la sua prevenzione o la sua soluzione. A tal proposito diventa qualcosa che investe tutti i livelli della società, iniziando da quelli individuali legati alla formazione. Non a caso, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 si fa riferimento a condizioni di vita pacifiche. E nel 2016 con un’apposita Dichiarazione adottata dall’ONU, il diritto alla pace è diventato un obbligo rivolto a tutti gli Stati, poiché si fonda sui valori essenziali dell’umanità che sono presenti in tutte le culture, le religioni e le filosofie.

 

La pace va, quindi, interpretata nel contesto interculturale, è un fattore sociale contingente che necessita di processi educativi ad hoc. Da qui, emerge l’esigenza di formare ed educare alla pace in modo tale che essa cessi di essere uno slogan e diventi un vero e proprio impegno a trasformare le persone, gli assetti sociali, gli ordinamenti giuridici, le istituzioni, le condizioni economiche favorendo così il dialogo, la comprensione, la gratuità, l’unità con gli altri, anche con i nemici.

 

A questo vuole rispondere l’intuizione di papa Francesco che ha istituito presso l’Università Lateranense un Corso di studi sulla pace per formare «operatori di pace». Inserito nei percorsi di studio in scienze politiche, presente anche nelle Università italiane e estere, il Ciclo propone una laurea triennale in Scienze della pace e una laurea magistrale in Scienze della pace e cooperazione internazionale, per preparare funzionari e mediatori internazionali, futuri diplomatici, esperti di peacemaker, operatori negli scenari del post- conflitto, responsabili del Terzo settore. In un mondo che a causa della frammentazione esistente e crescente va delineandosi come ormai post-globale, c’è estremo bisogno che le giovani generazioni imparino e si formino all’idea che la violenza non è la cura, ma solo il modo per creare e combattere il nemico. Se correlato a tale logica lo studio della pace nelle sue diverse angolature può superare la violenza delle armi o la violazione dei diritti. Spetta a ognuno, singolarmente e “a corpo”, non restare più testimoni sorpresi per quanto accade nel nostro piccolo o grande mondo quotidiano; o di gridare allo scandalo pensando che la soluzione spetti ad altri. La pace dipende da me, da noi.

 

Vincenzo Buonomo